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LA COSA SENZA NOME, (a corollario della giornata della festa della mamma)

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view post Posted on 11/5/2020, 00:40     +1   +1   -1
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Emozione Grande

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LA COSA SENZA NOME

Per fortuna era stato un inverno lunghissimo, di quelli che ti costringono a seppellirti sotto maglioni lunghi, che coprono fuseaux e leggins , ad arrotolarti due giri di sciarpa attorno al collo e, infine, a coprire tutto con un gonfio piumino.
Era stato facile, così, fare finta di non vedere, quando si spogliava o quando usciva dalla doccia, il suo corpo cambiare forma, la sua vita allargarsi, il suo ventre cominciare a curvarsi, i suoi seni diventare pesanti e dolenti.
Se lei stessa poteva ignorare quelle strategie che la natura, implacabilmente, metteva in atto per preparare il terreno a quella cosa che le stava crescendo dentro, che non voleva nemmeno definire con un nome, allora sicuramente sarebbe riuscita a non far sapere alla madre e al padre quello che le era accaduto.
Così erano passati cinque mesi, cinque mesi in cui aveva finto di condurre la vita di sempre: scuola, studio, un po’ di sport, qualche pizza con gli amici.
Solo quando rimaneva la sera, al buio, nella sua camera, la assaliva l’angoscia della situazione: nonostante lei la ignorasse, era sempre lì la cosa non voluta, non prevista, inseritasi a tradimento dentro di lei dopo un rapporto frettoloso e deludente – il primo – a cui aveva acconsentito solo per potersi sentire anche lei cresciuta, desiderata, amata forse.
Era lì e ignorava il suo ignorarla, cresceva a dispetto della dieta ferrea che si era imposta e presto avrebbe dovuto affrontare la realtà, anziché sperare che fosse solo un incubo da cui si sarebbe svegliata, una mattina o l’altra.
Se fosse riuscita a mantenere il controllo sul proprio corpo, così che nessun notasse la sua metamorfosi, avrebbe potuto arrivare alla fine della scuola e andare in vacanza in Inghilterra, premio promesso per una promozione brillante.
Lì, in qualche modo, avrebbe pensato a come e a chi ricorrere per lasciare quella cosa che prima o poi sarebbe uscita dal suo corpo e che non aveva avuto il coraggio di sopprimere nei primi mesi. Aveva letto che, essendoci un gran numero di gravidanze minorili, c’erano anche strutture di accoglienza che avrebbero provveduto all’adozione, liberandola per sempre dall’incubo di quell’intruso che si era inserito dentro di lei come un parassita.
Ma quella mattina un sole inatteso era spuntato a scaldare i corpi infreddoliti e a rischiarare di promesse e di profumi l’aria carica di pollini primaverili.
Doveva vestirsi con qualcosa di più leggero, ma come entrare in quei jeans così stretti? O in quei fuseaux a fiori? Forse i leggins blu di cotone elasticizzato si sarebbero tesi sufficientemente.
Mentre si strizzava a fatica nel tessuto diventato aderentissimo, mentre già scrutava l’armadio alla ricerca di una camicia abbastanza lunga da coprire le nuove rotondità, ecco che, forse infastidita dalla manovra, la cosa dentro di lei si mosse per la prima volta.
Fu un movimento leggero, come un battito incerto ad una porta che non si sa se si aprirà o come un frullo d’ali in un cielo nebbioso.
Solo in quel momento, in quella posizione assurda, a piedi ancora nudi, con gli indumenti in mano, riuscì a vedersi allo specchio, a vedersi veramente, come mai aveva voluto fare nei cinque mesi trascorsi.
La cosa di cui aveva negato a se stessa l’esistenza, quella cosa che le aveva tolto il sonno e la serenità e l’adolescenza non era una cosa: era un bambino, il suo bambino, che era vivo, che si muoveva dentro di lei, che attirava la sua attenzione, anche se lei non gliene aveva mai dedicata neppure una briciola.
Con una mano sul ventre, in centro alla stanza, rimase a lungo immobile, consapevole all’improvviso che tutti i suoi tentativi di ignorare la realtà erano stati stupidi e puerili e inutili e che era davvero il momento di affrontare la situazione e di informare i suoi genitori, che sicuramente avrebbero strepitato ma poi, forse, avrebbero capito e non l’avrebbero lasciata sola.
E si rese conto che, in effetti, sola lei non era più da tempo, anche se non aveva voluto vedersi e non aveva voluto vederla, la piccola cosa ancora senza nome, che adesso aveva reclamato la sua attenzione e che mai più avrebbe potuto e voluto ignorare.
 
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view post Posted on 12/5/2020, 08:27     +1   -1
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Mi sorprendi sempre... Brava prof.!
 
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view post Posted on 13/5/2020, 08:29     +1   -1
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sì, veramente brava !

 
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view post Posted on 20/5/2020, 00:49     +1   +1   -1
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Il momento indimenticabile quando una mamma sente per la prima volta quel lieve battito d'ali...
 
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view post Posted on 21/5/2020, 19:59     +1   -1
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Mi par di capire che la "cosa" è un bambino.
Bello il racconto ma brutta cosa chiamarlo "cosa". :(
Comunque nel contesto del racconto ci sta in quanto si tratta di tentativi di negare la realtà.
 
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view post Posted on 23/5/2020, 18:40     +1   +1   -1
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Emozione Grande

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infatti era "cosa senza nome" per la ragazzina finché tentava di negare anche a se stessa la realtà... è diventato un bambino quando ne ha preso coscienza sentendolo muovere dentro di sè
 
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view post Posted on 23/5/2020, 22:16     +1   -1
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La maternità, la "cosa più naturale del mondo", è avvolta spesso nel mistero, e non solo per noi maschietti
che ne siamo "tagliati fuori", quasi colpevolizzati per una colpa che a volte è benedizione, a volte disgrazia,
a volte subdolo nemico.

Che tranello ci ha teso, Madre Natura, una volta di più matrigna?... o quale tradimento abbiamo fatto noi a lei?

Non ho mai visto nessuna dele numerose cagne che hanno condiviso casa mia "dispiaciuta" per la sua gravidanza,
nessuna mai strepitare o lagnare per i dolori del parto, nessuna rinnegare alcun figlio, se non quella volta Xenia,
la grande alano nera, per l'ultimo nato della sua cucciolata, venuto al mondo con le zampine posteriori paralizzate.
Non lo rinnegò, ma permise che Vania glielo portasse via, per affidarlo al suo nero destino, e questo rafforzò la
complicità sentimentale fra le due femmine: la madre animale, e la zia umana.
 
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view post Posted on 24/5/2020, 17:50     +1   -1
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Emozione Grande

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ah, il fortissimo istinto della maternità degli animali ha tante volte commosso anche me ...
una curiosità: il tuo cognome, Musto, è lo stesso di mio cugino Franco, salernitano ... sei originario degli stessi posti?
 
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view post Posted on 24/5/2020, 18:08     +1   -1
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Non so, mio padre era napoletano di Napoli città e così mio nonno paterno. Più indietro non saprei...
Comunque il cognome è comune, a Napoli, ed io stesso avevo ben tre colleghi con lo stesso cognome,
fra i quali anche un Franco, ai miei tempi funzionario, poi credo dirigente al Servizio Estero del Banco di Napoli.
 
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view post Posted on 15/6/2020, 18:50     +1   -1
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omonimi, allora ... mio cugino Franco Musto, ora in pensione, è stato direttore dell' INAIL per quasi tutta la vita ...quasi perché aveva tentato di fare l'avvocato come libero professionista, ma Salerno è una piccola cittadina, ci si conosce tutti, alla fine era pagato con i limoni di Amalfi e poco più, per cui, quando si è sposato, ha fatto il concorso in un ente statale (la sorte di quasi tutti i laureati del sud ... mancano le industrie)
 
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9 replies since 11/5/2020, 00:40   73 views
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