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Fantasmi veri e fantasmi finti

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view post Posted on 17/1/2013, 10:20     +1   -1
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Oltre l'Emozione

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Fantasmi veri e fantasmi finti


L'11 settembre non è soltanto l'anniversario della caduta delle Due Torri di New York, ma anche l'anniversario in cui nel 1599 la giovane nobildonna romana Beatrice Cenci saliva i gradini del patibolo di Castel Sant'Angelo, dando vita ad una leggenda oscura e commovente di fantasmi che persiste ancora ai giorni nostri.

Logico domandarci…«Ma Beatrice Cenci era veramente innocente?»

Forse non lo sapremo mai, ma proviamo a raccontarci una piccola contro storia nata nel tardo rinascimento e resa immortale da poeti e romanzieri del XIX secolo.

Il 10 settembre 1598 venne ritrovato in un fosso, nei pressi della Rocca di Petrella Liri, il corpo senza vita di Francesco Cenci, anziano padrone del castello, molto chiacchierato per il suo carattere bizzarro e violento.
Inizialmente parve che la morte fosse del tutto accidentale, dovuta forse ad un’imprudenza del vecchio castellano, ma un esame più accurato del cadavere, condotto da alcuni sacerdoti del luogo e qui la cosa comincia ad emanare odor di bruciato, rivelò invece che Cenci era stato brutalmente assassinato con un pesante oggetto contundente. I sospetti caddero quindi sulla seconda moglie Lucrezia e sulla giovane figlia Beatrice, uniche abitanti della Rocca, assieme al custode misteriosamente scomparso dalla circolazione da parecchi giorni e ritrovato morto, alcuni giorni più tardi, in un paesino dell’Abruzzo.

Le indagini vennero condotte puntigliosamente dai magistrati di papa Clemente VIII, che constatarono anche il coinvolgimento di due giovani; il Catalano, amico di famiglia e Giacomo Cenci, fratello di Beatrice, nell’omicidio dell’impopolare conte, tra l'altro responsabile di molti soprusi nei confronti della popolazione locale e dei suoi stessi famigliari.
Messo sotto tortura il Catalano non confermò alcuna delle accuse formulate dai giudici, morendo drammaticamente in una squallida cella della prigione di Tor di Nona.
Anche Beatrice mantenne uno sdegnoso riserbo sulla vicenda, mentre il fratello - esasperato dalla brutalità degli inquisitori - confessò, spiegando come il delitto fosse maturato per semplice odio verso il crudele genitore.
Il processo si protrasse per oltre un anno e vide inclusa la possibilità di ripetuti abusi sessuali del padre a danno della figlia.
Ad ogni modo nell’agosto del 1599, Lucrezia, Beatrice e Giacomo furono tutti condannati a morte, con relativa confisca dei beni da parte del governo pontificio.
Un mese più tardi i tre sfortunati salirono i gradini del patibolo sulle mura di Castel Sant’Angelo, tra la commozione di una grande folla accalcata nei dintorni della celebre fortezza papale.

La mattina dell’11 settembre 1599, l’intera famiglia Cenci, con eccezione unica di Bernardo, l’ultimo nato, risparmiato per la giovanissima età, viene condotta al patibolo per l’esecuzione nella pubblica piazza.
Giacomo, Lucrezia, e Beatrice vengono giustiziati uno dopo l’altro.

Memorabile passa alla storia la pudica immagine di una Beatrice Cenci dimessa, abbigliata in una semplice veste di panno turchino, che va a morire immortalata nell’attimo stesso del suo massimo splendore adolescenziale.

All'altro maschio della famiglia, fu revocato il privilegio nobiliare di essere decapitato con una spada, per essere sottoposto alla condanna riservata ai normali delinquenti di bassa estrazione sociale.
Così muore Giacomo Cenci, sottoposto a squartamento dopo una lunga tortura pubblica con mazza e tenaglie.

È in parte l’efferatezza di queste esecuzioni e la successiva confisca dei beni della famiglia Cenci, inglobati dal Papato, a ingenerare il dubbio nell’opinione pubblica.
Quando poi la sontuosa tenuta di Torrenova, appartenuta ai Cenci, viene ceduta per un prezzo simbolico al nipote del Papa, il popolo inizia ad inquadrare la vicenda sotto una luce diversa, sospettando che lo spietatissimo processo e le feroci esecuzioni fossero pilotate dalle autorità Papaline per puri scopi personali.

Per il popolo della Città Eterna, spettatore inerme dell’orribile tragedia, il caso di Beatrice Cenci divenne simbolo della crudeltà del governo papale, dando vita a numerosi racconti e leggende che vedevano lo spirito della nobildonna aggirarsi ogni notte nei sotterranei di Castel Sant’Angelo in cerca di giustizia o di vendetta per la propria triste sorte.

Questo vivace folklore dichiaratamente innocentista, venne poi ripreso da Ludovico Antonio Muratori, che dedicò ampio spazio alle vicende della famiglia Cenci, contribuendo alla idealizzazione romantica dei vari personaggi.
La narrazione del Muratori risultò così efficace da ispirare persino autori come Stendhal, Charles Dickens, Nathaniel Hawthorne e Francesco Domenico Guerrazzi.
Ma fu soprattutto il poeta inglese Percy Shelley a trasformare Beatrice Cenci in eroina immortale della letteratura europea, identificando la sfortunata giovane in un bel quadro del bolognese Guido Reni, dipinto probabilmente agli inizi del XVII secolo.
In esso si vede un’eterea ragazza dallo sguardo triste ma non rassegnato, allo stesso tempo tenera e serena nella difesa della sua semplice dignità.
Con i suoi versi vibranti Shelley trasformò tale rappresentazione iconografica in un magistrale esempio di «dolcezza trascendentale», capace di influenzare persino la sensibilità dello spettatore più cinico.
Ed è così che il mito di Beatrice Cenci si è preservato sino ai giorni nostri.

Dal punto di vista storico, la faccenda è tutt’altro che chiusa. Nel 1879, le indagini di Antonio Bertoletti, misero in seria discussione le tesi innocentiste del Muratori, dimostrando innanzitutto come Beatrice fosse anagraficamente più vecchia di quanto creduto (22 anni invece di 16) e come ella avesse avuto addirittura un figlio segreto dal Catalano, suo amante di lunga data.
Inoltre l’antiquario inglese Edward Cheney, dimostrò l’inattendibilità di molte lettere tradizionalmente attribuite alla nobildonna, rilevandone le grossolane manomissioni formali e linguistiche. Da queste scoperte il lavoro degli storici ha quindi tentato per oltre un secolo di meglio definire lo scandalo dell’autunno 1598, chiarendo i complessi rapporti all’interno della turbolenta famiglia romana.
Ad ogni modo, un esame accurato delle carte processuali conferma il carattere brutale e lunatico della vittima, riabilitando parzialmente il comportamento di papa Clemente VIII, da sempre accusato di rapace avidità nei confronti dei Cenci, che lasciò a Beatrice una notevole somma di denaro da destinare al figliolo illegittimo.

Il mistero dunque rimane, insieme alla continua esaltazione del dipinto di Reni, risalente però a parecchi anni dopo il fattaccio di Petrella.
Sembra che l’artista emiliano lo realizzò nel 1608-09, forse ispirato da motivi mitologici.
Non a caso esso rimane ancora oggi esposto a Palazzo Barberini con due enormi punti interrogativi relativi al soggetto e alla data di produzione.
Segno tangibile che l’epopea romantica inventata da Shelley mantiene intatta la sua presa sul pubblico, perpetuando il mito della giovane eroina vittima di una società ingiusta e patriarcale e da questo punto di vista, il suo temibile fantasma ha finalmente trovato la pace eterna, almeno nel dorato mondo dell’immaginazione popolare.

Vi rivelo un particolare di cui sono stato testimone.
Alcuni anni fa, mi recai a Palazzo Cenci, in Piazza Sant'Eustachio, dove da molti anni sono situati gli Uffici di alcuni Senatori Presidenti di Commissione, in qualità di responsabile addetto all'assemblaggio di nuove attrezzature computerizzate.
Quel giorno il nostro impegno lavorativo si protrasse oltre le 22, quindi decidemmo un coffee break per poter superare la notte indenni.
All'epoca ero un discreto fumatore e tra una chiacchiera e l'altra, andai a fumare una sigaretta nella sala assegnata ai fumatori.
Trovai in gran disordine, le poltrone girate, i fogli in terra, i lumi capovolti. Mentre fumavo, la saletta si riempì di rumori di passi provenienti dal piano di sopra che sapevo vuoto.
Ne chiesi ragione ai commessi di turno che ridendo mi dissero di essere abituati a quelle stranezze attribuite al fantasma di Beatrice Cenci che si aggirava nel Palazzo.

Così, dopo secoli, anche nei Palazzi Istituzionali, è ancora vivo il ricordo di Beatrice Cenci che però non spaventa i furbacchioni della politica nostrana, veri fantasmi che vivacchiano sulle spalle degli italiani.


Edited by mcb - 17/1/2013, 11:40
 
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view post Posted on 17/1/2013, 11:56     +1   -1
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anche a Genova abbiamo i nostri fantasmi.....ne scrissi a suo tempo.
Bella questa storia di Beatrice che non conoscevo, grazie

 
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view post Posted on 17/1/2013, 12:35     +1   -1
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Veramante bello questo racconto.
Peccato se lo postavi in due passi nell'arte poteva essere di supporto al periodo in corso, proprio quello a cavallo tra la fine del 500 e l'inizio del 600...
 
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view post Posted on 17/1/2013, 13:33     +1   -1
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beh....se Mario volesse fare un copia-incolla..... ;)
 
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view post Posted on 17/1/2013, 16:15     +1   +1   -1
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Marco se pensi che possa servire a dare vita al sito non ho problemi a fare un copia incolla.
 
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view post Posted on 17/1/2013, 16:17     +1   +1   -1
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Penso che si inserisca bene nello spirito dell'epoca.
Per quanto dar vita al mio topic...beh, speriamo!
 
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view post Posted on 17/1/2013, 16:20     +1   +1   -1
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Al suo servizio maestro!
 
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view post Posted on 17/1/2013, 16:20     +1   +1   -1
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Merci!
 
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view post Posted on 18/1/2013, 00:04     +1   -1
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interessante, Mario...anch'io avevo sempre saputo (dalle trasposizioni letterarie) che Beatrice Cenci aveva ucciso i padre che la violentava fin da quando era bambina ...
 
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view post Posted on 11/2/2016, 12:57     +1   -1
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Interessantissimo e tragico. Purtroppo ci sono verità che non verranno mai alla luce...
 
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