| I bianchi rami ghiacciati sull’argine del fiume dietro un ansa, erano stalattiti sospese ad una cupola in una trasparenza. Il cielo rischiarava le prime ore del mattino e un sole bianco pareva accendere quei rami in un luccichio come di diamanti . Era il gran giorno. Un'altra occhiata persa in quel sogno , dalla finestra schiusa , e la donna si girò e incominciò a vestirsi Con grande cura scelse il suo vestito. Adatto ,in raso e seta neri che le fasciava il corpo, pareva una trentenne. Le calze velate e trasparenti , infilate tenendo un piede appoggiato alla poltrona, in tinta, un decolletè col tacco basso e un tocco con la boccettina dell’essenza dietro ai lobi e ai polsi ,alla fine. Prese un mantello nero , girandolo in una grande ruota sulle spalle, diede una mossa ai capelli con la mano , davanti al grande specchio, si rigirò guardandolo: lei era pronta! Lui l’ aveva guardata ammutolito . Le sue movenze nel rituale, con gesti naturali d’eleganza, facevano pensare ai gesti d’un’aristocratica d’altri tempi. Non una Principessa Sissi , piuttosto una Wetzera passionale. Si alzò dalla sua poltroncina senza fretta , le aprì la porta, Andarono.
Davanti al loro albergo , nel palazzo adiacente una coppia, sulla mezza età aveva fatto colazione mentre lei aveva provveduto alla sua rituale vestizione, scambiando con loro qualche sguardo, dalle finestre poste alla stessa altezza, incuriosite una dall’altra , ma senza indiscrezione, soltanto sguardi che immaginavano il tipo di vita che vivesse l’altra, non che facesse o quanto guadagnasse. Di certo stavano bene, quella, era una zona elegantissima , lungo il fiume, e silenziosa. Al massimo ogni tanto qualche nota di Walzer che usciva all’aria da un piano in un salone d’una casa. Una bottiglia di champagne sul davanzale interno,due flut dimenticati dalla sera prima, un ramo di vischio appeso al muro. I mobili in cucina freddi ma eleganti, la loro casa sembrava svilupparsi per il lungo , su un corridoio bianco le porte al lato opposto candide, più chiare di tutte le pareti, come i tetti per la neve caduta il giorno prima. Partivano, pensò , andranno via in vacanza e loro erano lì , e per vacanza. Magari loro andavano a Trieste, al mare,a sud un po’ più al caldo, e loro invece al nord un po’ più al freddo e gli pareva essere banale il tutto. E invece: c’è una sorta di strana voglia di migrazione in certe persone, da queste parti . Una migrazione interiore. Emigrano per un ricongiungimento a un posto che forse è stato eletto a proprio senza che questo, gli sia mai appartenuto, o vi abbiano vissuto. Per renderla più semplice: a volte un triestino vorrebbe essere un viennese e a un viennese piacerebbe essere un triestino. Questione di Storia comune, anche se ormai di Storia Antica si dovrebbe dire . I soliti suoi arabeschi con la fantasia nella vita degli altri, con l’ altrui storia. Magari dovevano andare solo su , in un lago della Stiria o in Carinzia a riposarsi. Invece loro in quel posto, non erano di certo andati soltanto per fare i turisti in viaggio per qualche capitale mitteleuropea. Realmente per loro era riprendere possesso della propria capitale, di quell’atmosfera nobile, anche se decaduta , che si respirava nelle caffetterie frequentate dagli artisti .... “a ogni epoca la sua arte,all’arte la sua libertà” o all’Albertina, tra quei palazzi uguali a quelli al mare, tornare in quel posto insieme, era stato il suggello alla loro storia. Ed erano arrivati due giorni prima della fine d' anno, prendendo alloggio in un albergo lungo il fiume. Era il gran giorno.
Tornarono , e non importa dire quando . Fecero un giro lungo ,risalendo lungo l’argine che era opposto al loro, passando poi un ponte lontano ritornarono lungo quello giusto, fino a destinazione. Lei , con una mano teneva la sua mano , con l’altra reggeva un ramo d’orchidea ,un’orchidea rubata, come tutte le signore avevano fatto alla fine dell’evento. Un orchidea rubata per ricordo Lui ,la teneva e ogni tanto guardandola di coda d’occhio vedeva il nero del mantello e quello stelo lunghissimo, il suo profilo, il correre del fiume , e quelle stalattiti di ghiaccio e di diamante che andavano spegnendosi perche inicominciava a farsi tardi. Sembrava il tema svolto d’un dipinto “donna con manto nero e fiore giallo sul Danubio”. Tornavano dal Musikverein il giorno del Concerto di Capodanno, tornavano da un giro per Musei Secessionisti. Lei, prima di tornare nella Vecchia Provincia, regalò quel ramo d’orchidea ad una donna delle pulizie , tenendosi per sé soltanto due corolle che mi mise dentro a un libro su Egon Schiele , per ricordo.
Edited by lightmyfire - 2/1/2013, 18:56
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