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LA FOGLIA di Giacomo Leopardi, (un Leopardi poco noto)

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renatag
view post Posted on 22/6/2012, 23:53 by: renatag     +1   -1
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Emozione Grande

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Per precisione filologica, aggiungo che il Leopardi, che la scrisse, probabilmente, a 20 anni, nel 1818, anche se la pubblicò per la prima volta nell'edizione napoletana dei "Canti" del 1835, dopo aver letto "La feuille", strofa in ottonari di Antoin-Vincent Arnault, che era stata pubblicata anonima sullo "Spettatore italiano" come epigrafe di un articolo su "La malinconia". Il giovane Leopardi (non a caso, di "malinconia" soffriva in maniera accentuata, anzi, secondo Elio Gioanola, prof. alla nostra Università di Genova sino a pochi anni fa e insigne critico, in modo patologico, che oggi avrebbe interessato la psicanalisi) ne rimase colpito e volle fare non una traduzione, ma una "imitazione" (così la intitola nella prima stesura) in versi liberi (endecasillabi e settenari) dall'intonazione idillica. Se vogliamo giudicare se sia più suggestivo l'originale o l'imitazione del ventenne Leopardi, possiamo raffrontare il testo che ho pubblicato con questo, che è l'originale francese di Arnault:
<i>De ta tige détachée\pauvre feuille dessechée,ou vas-tu?\Je n'en sais rien.\ L'orage a brisé le chene\qui seul était mon soutien.\ De son inconstante haleine,\le zéphir ou l'aquilon\dépuis ce jour me promène\de la foret à la plaine\ de la montagne au vallon;\je vais où le vent me mène\ sans me plaindre ou m'effrayer;\ je vais où va toute chose, \ où va la feuille de rose\et la feuille de laurier."
(non riesco a mettere gli accenti circonflessi : se batto il tasto corrispondente, me lo stampa uno spazio più in là)

Proviamo a tradurre pedestremente, anziché "imitare" alla Leopardi: " Staccata dal tuo tronco, povera foglia disseccata, dove vai? Io non so nulla. La tempesta ha spezzato la quercia che era il mio solo sostegno. Col suo soffio incostante, lo zefiro o aquilone da quel giorno mi fa vagare dalla foresta alla pianura, dalla montagna alla vallata; io vado dove il vento mi porta, senza lamentarmi o spaventarmi; vado dove vanno tutte le cose, dove vanno la foglia della rosa e la foglia dell'alloro".

Notiamo, nell'imitazione leopardiana, l'aggettivo "frale" al posto di "secca", nessun accenno alla tempesta, ma solo il vento come responsabile del vagare della foglia, il faggio anziché la quercia, lo spostamento dell dichiarazione di inconsapevolezza alla fine del vagare, nessun accenno allo spavento o al lamento, ma l'ineluttabilità dell'avverbio "naturalmente",una generale accentuata levità di toni e delicatezza di immagini. Uguali sono, invece, nel verso finale, le citazioni della foglia di rosa e di alloro, probabilmente perché era talmente bello l'accostamento tra un fiore simbolo di bellezza effimera, caduca, a breve termine e, invece, l'albero divenuto emblema della gloria perenne, con cui si facevano serti per coronare poeti e condottieri, caro ad Apollo perché in esso era stata trasformata Dafne, sua passione giovanile inutilmente inseguita...

Quale, dunque, dei due componimenti è migliore?
A parere mio (che è, ovviamente, soggettivo), di gran lunga quello del Leopardi, che ha tratto uno spunto per un' "Imitazione", ma ha ben emulato e poi superato il teso dell' Arnault...

perchè rileggo semore DOPO aver inviato la discussione? Nella prima riga eliminare il "che" relativo dopo "il Leopardi"...
 
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15 replies since 18/6/2012, 00:06   11735 views
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