Foto: Prometeo e l’aquila che gli divora il fegato – Olio su tela di Jacob Jordaens (circa 1640)
Presso il Walleaf-Richartz Museum di Colonia (Germania)
Come Prometeo, chiodato alla rupe
ed il corpo esposto dell’aquila ai morsi,
ai piedi sorgente di sangue che bolle:
l’uomo, la luce nel volto, domina il gesto,
sfodera l’anima e sfida
l’eterno infinito.
Nel pugno é stretta la face possente,
che illumina e vince la vita.
L’unica luce nel buio è quel volto,
pieno di ombre e terrori,
dolori e delitti,
le mani rigate che rampano, rosse di sangue.
Folli d’eserciti in armi
e infinite teorie di croci di legno,
bagliori falsi di ori,
nascosti desii e piaceri
e grida strazianti,
che cercano un dio.
Corsa mai piena, potenza d’azione,
acume e saggezza e sforzi mai domi,
per vincere sempre se stessi.
Ma dietro al macigno: un baratro nero
che ingoia l’ardire:
oscura potenza la morte,
che tutto livella e polvere rende.
L’eterna, ma falsa fuga dell’onda,
ritorna, sommerge il passato,
cancella il ricordo
e ridona la vita.
Riprende la corsa, senza respiro,
tra luci che creano vani miraggi.
In questa atmosfera di buio,
lotta e sanguina l’uomo,
cercando la luce.
La vita é buia palude da cui,
unica face,
é il braccio dell’uomo che emerge,
salvando la speme di luce.
Guazzano gli altri nel fondo,
nel loro elemento di fango:
gli ignavi, i sognanti o incoscienti,
non lasciano tracce,
così come goccia nel mare.
Ma il genio e l’artista,
il santo e l’eroe,
il mistico ed il pensatore,
corrono primi fra tutti,
lasciando dietro
greggi di nulla.
Titanico fine, ideale da dei,
alla ricerca del dio sconosciuto.
La fiamma del genio solleva,
dal letto di pianti segreti,
la forza e,
senza tremare, rimira
il centro dell’infinito.
E piomba nel cuore dei neri misteri,
squarciandone i veli,
per dare la via alla vita.
E masse di uomini
sembrano ascendere insieme,
dietro al carisma del genio.
La vita é lenta
conquista verso la luce,
come ritorno
alla casa natia.
La scienza mette confini di pietra,
negando ciò che non vede e non sente.
Son ciechi che guidano
altri ciechi nel buio.
Monte, cui vetta in cielo si perde,
é la vita.
Nel sasso é compreso il segreto:
Scolpiscilo, Uomo!
Note: Prometeo, figlio di un Titano, ingannò Zeus per aiutare gli uomini. Sottrasse il fuoco alla fucina di Efesto (Vulcano per i romani). Zeus decise di punire sia i mortali che il loro benefattore. Per punire Prometeo, Zeus lo fece incatenare sul Caucaso. Ogni giorno un’aquila gli divorava il fegato, che subito si ricostituiva e così il supplizio perdurava in eterno.
Un giorno Eracle (Ercole per i romani), passando per il Caucaso, trafisse con una freccia l’aquila e liberò Prometeo.