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tra gli 11 romanzi letti tra aprile e maggio, complice la forzata immobilità dopo la rovinosa caduta in casa della vigilia di Pasqua, quello che, forse, mi ha maggiormente emozionato e coinvolto, più ancora delle 1200 pagine dell'ultima parte della trilogia di Ken Follett sul '900 "I giorni dell'eternità" (bellissimo anch'esso) , è stato "La voce invisibile del vento", di Clara Sanchez. Una coppia con un bimbo di pochi mesi si reca in vacanza in una località turistica di mare. Mentre il marito sistema i bagagli in albergo, la moglie esce a cercare una farmacia. Da questo momento in poi, la vicenda si snoda su due piani narrativi: la voce di lei narra una serie di inconvenienti, di incontri terribili, di occasioni mancate, in un crescendo da incubo, che le impediscono di ritrovare la strada dell'albergo e di mettersi almeno in contatto telefonico con il marito; la voce di lui, invece, racconta di un'attesa inutile, della preoccupazione per la sorte della moglie, dei problemi pratici di trovarsi da solo lontano da casa con un neonato. Non spiegherò qui come e perché sia stato possibile perdersi dopo pochi minuti e a pochi metri di distanza, quale dei due piani narrativi sia quello corrispondente alla realtà e cosa ne giustifichi la difformità e se e in che modo i due potranno ritrovarsi e ricongiungere le due diverse dimensioni della loro esistenza ... lascio a chi fosse rimasto interessato e incuriosito da questa presentazione a metà il piacere di leggere il romanzo fino in fondo ...
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